Come ogni quattro anni è andata in scena l’elezione del
presidente degli Stati Uniti d’America. Come ogni quattro anni il mio stupore
nel vedere la partecipazione degli americani a questo evento resta intatta.
Anzi direi che aumenta ogni quattro anni.
Vedere questi capannoni, questi stadi, questi candidati,
convinti di quello che dicono, incitare, con slogan studiati in notti insonni,
maree di persone di tutti i generi, età, razze, estrazione sociale è qualcosa
di inconcepibile, secondo me, per gli europei.
E’ sicuramente affascinante, ma per certi versi anche
deprimente. Sembra quasi che vivono questi giorni come se fossero dinnanzi alla
fine del mondo e in una esagitazione collettiva, come caprette stelle e
strisce, uno dietro l’altro si incamminano per chissà quale meta. Per giungere
poi, alla proclamazione del vincitore e vedere da una parte la gioia sfrenata
dei trionfatori, convinti che da domani tutto sarà risolto e che vivremo in
mondo migliore. Dall’altra tutti flaccidi, con le bandierine ammainate e le
lacrime che solcano il viso.
Bah vedremo…quattro anni passano in fretta.
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