mercoledì 25 febbraio 2015

Baci di fumo salato





Mai sfida fu più azzeccata e così nel mese di febbraio, per festeggiare San Valentino, la bravissima Annarita ci ha fatto cimentare tutti con una ghiottoneria che ci accompagna da sempre, il bacio di cioccolato.

E proprio per non farci mancare nulla, come ogni buon bacio anche questo deve essere accompagnato da un bigliettino con una dolce frase da sussurrare all’orecchio di chi amiamo e di cui non potremmo fare a meno. 

Potrebbe sembrare scontato e banale che la mia dedica sia per LEI, perché è inutile negarlo, la vita contemporanea, che si è cinta oramai il capo di leggerezza e frenesia, può guardare all’Amore con occhi diversi, quasi come si guarda un animale raro e in via di estinzione, perciò voglio cogliere questa sfida per dire a tutti che auguro, anche al mio peggior nemico, di avere un giorno la mia/nostra stessa fortuna, quella di incontrare la propria metà mancante. Ma badate bene, non sarà questione di sola fortuna perché la fortuna vi potrà far incontrare, ma riconoscervi spetta solo a voi.


Ecco il mio bigliettino:
“Amare è spegnere il giorno, accendere i sogni e attendere il risveglio per incontrare la luce della nostra vita.”

Con questo bacio ho voluto ricordare l’estate, i baci salati scambiati in mare e il fumo profumato del barbecue.


Per temperare i baci

170 g di cioccolato fondente

Per il ripieno

20 ml di panna

80 g di cioccolato al latte

5 g di bacche di goji

Per la pallina

5 ml di panna

20 g di cioccolato bianco

sale affumicato al faggio

Tritate il cioccolato. Scaldate la panna in un pentolino e quando è ben caldo togliete il pentolino dal fuoco e aggiungete il cioccolato tritato e mescolate fino a quando il cioccolato non si sia sciolto del tutto. Questo procedimento, separatamente, dovete eseguirlo sia per il cioccolato che fungerà da ripieno che quello con cui andrete a fare la sommità dei baci.

Al cioccolato (al latte) del ripieno, aggiungete le bacche di goji a pezzetti.

 
Lasciate entrambi i composti a raffreddare.

Riempite un sac a poche con il composto del ripieno e formate delle sfere del diametro di circa 2 cm. 
Lasciatele riposare in frigo per un’ora.

Sempre con la sac a poche con una bocchetta più piccola create delle piccole sfere, grandi quanto una nocciola con il cioccolato bianco e spolveratele con il sale affumicato al faggio.

Per temperare il cioccolato fondente ho seguito il procedimento che ho visto fare a mia moglie, quello al microonde, ma se volete seguire il procedimento tradizionale seguite le minuziose spiegazioni di Annarita.

Mettete le sfere di cioccolato bianco sopra la sfera di cioccolato al latte e immergete i cioccolatini con una forchetta nel cioccolato fondente.


Per affumicare i vostri baci utilizzate degli aghi di pino marittimo, accendeteli e chiudeteli in una “campana” di vetro. Io ho usato un calice e magari poi potete utilizzarlo per un buon whisky scozzese o altro.



venerdì 13 febbraio 2015

Lampascioni (pampasciuni) con cipollotti e pomodori





Da alcuni mesi ho preso la buona abitudine di camminare a passo sostenuto, ogni giorno, per almeno una mezz’oretta. Pare sia un’attività fisica efficace tanto quanto altre pratiche sportive. Semplice, economica e poco impegnativa, ma utile a sentirsi bene con se stessi e perché no ad avere un migliore umore. Aiuta veramente in tutti i sensi.

Poi, è un ottimo modo per conoscere tutti quei posti e quelle viuzze che si trovano vicino casa ma che non si conoscono perché non ci si passa mai. Magari abitiamo nello stesso posto per tanti anni, ma quello che c’è oltre la siepe è un mondo a noi sconosciuto.

Trieste, città dai mille volti, dalle mille culture, sbocco mediterraneo di quel sogno dell’Europa di Mezzo, quella Mitteleuropa che ha fatto sognare, riflettere e, permettetemelo, vergognare con i suoi orrori.

Dicevo…così è facile vedere sul muro di una casa la targhetta che ricorda che lì al primo piano tra il 1909 e il 1910 vi abitò un certo James Joyce…


poco più in là è ancora visibile (a parte qualche schizzo cretino di un anonimo graffitaro annoiato dalla sua vita piatta come un foglio bianco) la scritta U.S. (Uscita di sicurezza) 


che indicava i “rifugi anticrollo”, costruiti allo scoppio della II guerra mondiale. La scritta serviva ad individuare le uscite di questi rifugi ed aiutare i rifugiati in caso di crollo della palazzina. Però ci sono ancora cose che scopro durante le mie camminate a passo sostenuto alle quali non riesco a dare una spiegazione, ecco, questo ne è un esempio     


ancora non so cosa rappresenta ma spero un giorno di scoprirlo, forse era una fontanella, ma non ne sono sicuro.

Comunque, sabato scorso, di mattina, bora con raffiche a 150 km/h, nonostante ciò ero lì a “cercare” di camminare a passo sostenuto, pensando a mia madre che il giorno prima si lamentava di un venticello di scirocco un pochino fastidioso…

Ad un certo punto la mia attenzione è stata attratta da un chioschetto, che in tutti questi anni ho sempre visto chiuso per il semplice motivo che solitamente ci passo accanto nel tardo pomeriggio, attorniato da un bel po’ di gente, nonostante la bora. Si trattava di un verduraio/fruttivendolo e così di passaggio ho buttato l’occhio. Bellissimi carciofi romaneschi, fantastici carciofi pugliesi, una cassetta con delle cipolline,…..un attimo, quelle non sono cipolline…sono…LAMPASCIONI, PAMPASCIUNI (in dialetto leccese)…non ci posso credere i pampasciuni sono sbarcati a Trieste, allora questa globalizzazione serve a qualcosa…


Mi sono sentito come uno che aveva appena incontrato un paesano, un parente che non vedeva da tanti anni, ancora non ci credevo. Quindi mi sono messo diligentemente in fila, con la bora che continuava a soffiare senza pietà, pensando a quegli infreddoliti pampasciuni sradicati dalla loro terra natìa, proprio come me, scaraventati a più di 1000 km di distanza. Ma tranquilli miei bei pampasciuni, il vostro sacrificio non è stato vano, ora vi porto a casa e vi preparo nella maniera che più mi piace.

Piccola nota per chi non conoscesse i lampascioni: si tratta di una specie di cipollina che cresce spontaneamente nelle regioni mediterranee, in particolare in Puglia, dove vengono preparati in vari modi. Hanno un sapore amarognolo ma che si può mitigare tenendoli a mollo nell’acqua prima della cottura. Infine, un cenno sul fiore che sboccia in primavera e rende ancor più preziosa la campagna che lo ospita.

qui trovate questa foto e alcune informazioni sui lampascioni
 
Ingredienti

300 g di lampascioni

100 g di fave secche sgusciate

7 pomodori piccadilly

7 cipollotti

Olio evo

Sale

Pulite e lavate i lampascioni sotto l’acqua corrente e poi lasciateli a mollo per almeno 6 ore cambiando l’acqua un paio di volte.


Anche le fave secche richiedono alcune ore di ammollo in acqua.

Mettete a bollire dell’acqua in un pentolino e quando questa è in ebollizione mettete i lampascioni a lessare per 25-30 minuti. Scolateli e metteteli da parte.

In un altro pentolino mettete e lessare le fave secche, ai primi bollori, quando si sarà formata una schiuma bianca, scolate le fave secche e cambiate acqua di cottura, aggiungendo altra acqua calda e lasciate cuocere fino a quando non si sarà formata una cremosa purea di fave.

Praticate un taglio leggero sulla buccia dei pomodori e immergeteli in acqua calda per un paio di minuti. Per questa ricetta io ho usato dei pomodori piccadilly ma si possono usare anche altri tipi. Privateli della buccia e dei semi e tagliateli a strisce sottili.

Pulite, lavate e tagliate a rondelle i cipollotti.

Imbiondite in un cucchiaio di olio evo le rondelle di cipollotti. Poi aggiungete le strisce di pomodoro e lasciate stufare per circa 5 minuti. A questo punto mettete nel pentolino i lampascioni, salate e lasciate insaporire il tutto per altri 20 minuti. Chi vuole può aggiungere anche 2-3 cucchiai di salsa. Io preferisco di no.


Servite i lampascioni accompagnati dalla purea di fave.