martedì 16 dicembre 2014

...è arrivato DOLCI REGALI il terzo libro dell'eMMeTiChallenge...


Con immenso piacere mi associo alla gioia della community dell'MTC che fiera presenta il terzo libro dal titolo:  

DOLCI REGALI 
SAGEP Editori- Genova
Foto Paolo Picciotto
Illustrazioni Mai Esteve
Editor: Fabrizio Fazzari
Impaginazione: Barbara Ottonello

Ma un GRAZIE speciale a lei, mente e artefice della collana "I libri dell'MTChallenge, Alessandra Gennaro.

Con i libri della collana MTC non solo scoprirete un mondo culinario nuovo ma contribuirete ad una giusta causa infatti:

"Acquistando una copia di DOLCI REGALI, contribuirai alla creazione di borse di studio per i ragazzi di Piazza dei Mestieri (link: http://www.piazzadeimestieri.it/), un progetto rivolto ai giovani oggetto della dispersione scolastica e che si propone di insegnare loro gli antichi mestieri di un tempo, in uno spazio che ricrea l'atmosfera di una vecchia piazza, con le botteghe di una volta- dal ciabattino, al sarto, al mastro birraio e, ovviamente, anche al cuoco. La Piazza dei Mestieri si ispira dichiaratamente a ricreare il clima delle piazze di una volta, dove persone, arti e mestieri si incontravano e, con un processo di osmosi culturale, si trasferivano vicendevolmente conoscenze e abilità: la centralità del progetto è ovviamente rivolta ai ragazzi che trovano in questa Piazza un punto di aggregazione che fonde i contenuti educativi con uno sguardo positivo e fiducioso nei confronti della  realtà, derivato proprio dall’apprendimento al lavoro, dal modo di usare il proprio tempo libero alla valorizzazione dei propri talenti anche attraverso l’introduzione all’arte, alla musica e al gusto."

...dimenticavo...troverete anche una mia ricetta ;-)

giovedì 27 novembre 2014

PIZZICA MUFFINS




Lettera a un pomodoro de ‘npisa

Sole della terra, tra le verdi foglie abbiamo giocato a nascondino, incuranti della calura infuocata di mezzogiorno. Un giorno sei stato colto, eri in buona compagnia e delicatamente adagiato nel paniere intrecciato. Il percorso è stato breve ma all’occhio innamorato non è sfuggito il verde luccichio della tua pelle. Sei ancora acerbo, ma quando i turisti del caldo saranno andati via, la tua bellezza maturerà lungo il muro imbiancato di fresca calce. Sarai un compagno autentico, sul quale poter sempre contare nei momenti in cui quella voglia di spuntino si farà sentire, il pensiero correrà lungo il doppio filo di canapa e sarà soddisfatta dalla tua pelle giallorossa, custode del caldo sapore estivo. Per un attimo tornerò a quei giochi tra le foglie verdi, tu ed io incuranti del mezzogiorno infuocato dal sole. Ora il nostro piacere è tra la calda cenere del camino invernale. Tu non sei un pomodoro qualsiasi, sei il pomodoro dell’inverno, un pomodoro de ‘npisa, amante del caldo, dell’olio d’oliva e degli spunzali. 

Questa appassionata lettera d’amore non fu mai spedita. Adagiata nel fondo di un cassetto ha atteso con impazienza fin quando dall’oblio è riemersa, prelevata e letta da un certo Muffin, che ha così deciso di mangiare metà pomodoro per assaporare il suo gusto estivo e con l’altra metà cingersi il capo per onorarne la memoria.

Ed eccoci qua con la mia seconda proposta per la sfida n. 43 dell’eMMetichallenge. Il terzo implacabile giudice è la regina dei muffins, Francy Burro e Zucchero, una garanzia in fatto di cucina, ancora ricordo un ragù alla bolognese talmente buono da leccarsi i baffi e farci contemporaneamente la scarpetta.

Il pomodoro d’inverno o de ‘npisa in salentino (ma è chiamato in diversi modi) è un particolare tipo di pomodoro che viene raccolto in estate, legato a grappoli lungo una corda e conservato appeso al muro in un locale asciutto e ben aerato. 


In inverno viene cotto nella cenere calda del camino, sbucciato e condito con olio e spunzali (cipollotti) anch’essi arrostiti sulla brace. Insieme ad un bel pezzo di pane (arrostito) è una vera goduria da mangiare, un sapore di altri tempi.


Per le parole mi sono liberamente ispirato a una mia ipotetica lettera al pomodoro de ‘npisa. Ma non solo parole e così ecco a voi i Nidi D’Arac con la loro Ipocharia tratta dall’album “Salento Senza Tempo” del 2007. Approfitto per presentarvi i componenti di questa pizzica elettronica: al basso Alessandro Coppola, al violino Rodrigo D’Erasmo, al piano Andrea Pesce e Salvatore Crudo, Donato Nuzzo e Rocco Luca ai tamburelli (tamburellisti di Torrepaduli).

 La modernità vive dentro di noi,
nel nostro modo di pensare, di creare.
Salento senza tempo non è un nuovo album dei Nidi D’Arac
ma un tributo alla tradizione musicale salentina,
esso vuole raccontare, con semplicità acustica,
l’essenza di una terra con la sua storia millenaria.
Gente del Sud che da padre a figlio,
da generazione in generazione deve difendere,
con memoria, creatività e rispetto, la propria identità
nel grande mondo delle differenti culture.”
ALESSANDRO COPPOLA



Ingredienti per 5 muffins:

150 g di farina

1/2 cucchiaino di sale

4 g di lievito

un pizzico di bicarbonato

1 uovo

20 g di olio extravergine d’oliva

100 g di salsa di pomodoro

6 pomodori de ‘npisa

2 spunzali (cipollotti)

peperoncino macinato

Tagliate gli spunzali e 5 pomodori in piccoli pezzetti. Tagliate un altro pomodoro a fettine.


In una ciotola amalgamate l’uovo, l’olio e la salsa di pomodoro mescolando bene. In un’altra ciotola setacciate la farina con il lievito, il bicarbonato, il sale e il peperoncino in polvere (ognuno può decidere la quantità a seconda del grado di piccantezza che vuole ottenere). Incorporate gli ingredienti liquidi in quelli solidi e mescolate non più di una decina di volte.


Aiutandovi con un cucchiaio, adagiate negli stampi dei muffin l’impasto. Adagiate su ogni muffin la sua coroncina di pomodoro de ‘npisa. Infornate a forno caldo a 180° C per 20 minuti circa.



Con questa ricetta partecipo all'MTChallenge n. 43, con i muffins della Francy Burro e Zucchero


lunedì 24 novembre 2014

SIRTAKI MUFFINS




Un HIP HIP HURRA’ per Francy Burro e Zucchero che nel mese di ottobre ha sbaragliato tutti con una lasagna che ha bucato gli schermi di tutti gli appassionati di cucina e non solo. 

Sono stato molto felice per la sua meritatissima vittoria, ma attenzione, perché la ricetta proposta non è certo da meno di quella che ha vinto e la sfida è assolutamente intrigante. L’idea di proporre i Muffins è fantastica e per il sottoscritto sarà anche la prima volta che si cimenterà in questa preparazione. Qui trovate la spiegazione dei Muffins di Francy sul suo blog Burro e Zucchero.

Ma entriamo nel cuore della sfida e passiamo a parlare della ricetta che vi vado a proporre per la sfida n. 43 dell'eMMeTiChallenge, i Sirtaki Muffins. Come è facile intuire mi affido alla tradizione greca, di cui adoro tutto e sono un grande amante. 



L’ispirazione musicale per questa ricetta è una canzone di Mango dal titolo Mediterraneo che state ascoltando come sottofondo. Ogni volta che l'ascolto mi viene in mente la Grecia, il feta, lo yogurt greco e le olive kalamata. Queste le parole del testo:

Bianco e azzurro sei
con le isole che stanno lì
le rocce e il mare
coi gabbiani
Mediterraneo da vedere
con le arance
Mediterraneo da mangiare
La montagna là
e la strada che piano vien giù
tra i pini e il sole
un paese
Mediterraneo da scoprire
con le chiese
Mediterraneo da pregare

Siedi qui
e getta lo sguardo giù
tra gli ulivi
l’acqua è scura quasi blu
e lassù
vola un falco lassù
sembra guardi noi
fermi così
grandi come mai
guarda là
quella nuvola che va
vola già
dentro nell’eternità

Quella lunga scia
della gente in silenzio per via
che prega piano
sotto il sole
Mediterraneo da soffrire
sotto il sole
Mediterraneo per morire

Siedi qui
e lasciati andar così
lascia che
entri il sole dentro te
e respira
tutta l’aria che puoi
i profumi che
senti anche tu
sparsi intorno a noi
guarda là
quella nuvola che va
vola già
dentro nell’eternità

Ingredienti per 6 muffins

150 g di farina

¼ di cucchiaino di sale

4 g di lievito

un pizzico di bicarbonato

1 uovo

20 g di olio

170 g di yogurt greco

100 g di olive kalamata

60 g di formaggio feta

Denocciolate le olive kalamata e frullatele grossolanamente. In una ciotola amalgamate l’uovo, l’olio, lo yogurt e le olive frullate. In un’altra ciotola setacciate la farina con il lievito, il bicarbonato e il sale. Adesso incorporate gli ingredienti liquidi in quelli solidi, mescolate poche volte, circa una decina non di più.

Dividete il pezzo di feta in 6 cubetti da 10 g l’uno, che saranno il cuore del nostro muffin.
Negli stampi dei muffins mettete sul fondo un cucchiaio dell’impasto. 


Mettete al centro il cubetto di formaggio feta. Coprite con un altro cucchiaio di impasto. Infornate a forno caldo a 180 per 20 minuti circa.


Con questa ricetta partecipo all'MTChallenge n. 43, con i muffin della Francy Burro e Zucchero

martedì 28 ottobre 2014

Ricordando Vincenzo Paparelli



Mi chiamo Vincenzo Paparelli e sono morto il 28 ottobre del 1979.

Forse qualcuno si ricorda ancora di me.

Ero un uomo di 33 anni che un giorno fu ucciso allo stadio Olimpico da un razzo a paracadute di tipo nautico sparato da un tifoso ultrà della Roma. Quando sono stato colpito stavo mangiando un panino. Mia moglie Wanda cercò di estrarmi quel tubo di ferro dall'occhio sinistro, ma siccome il razzo bruciava ancora, finì per ustionarsi una mano. Il medico che mi ha prestato i primi soccorsi, dichiarò che nemmeno in guerra aveva visto una lesione così grave. Il giorno dopo tutti i giornali mostrarono una fotografia scattata qualche mese prima, che mi ritraeva in un ristorante insieme a mia moglie. Soltanto il quotidiano Il Tempo pubblicò l'immagine di me, riverso per terra, con la faccia insanguinata e l'orbita dell'occhio sinistro vuota.
Sono stato la seconda vittima del tifo calcistico in Italia, la prima era un tifoso della Salernitana che nel 1963 morì in seguito a degli scontri scoppiati in tribuna con dei tifosi del Potenza. Tra le personalità del mondo sportivo il primo ad accorrere all'ospedale Santo Spirito, dove sono giunto ormai morto, è stato il Presidente del Coni Franco Carraro. Mio cognato quando ha sentito alla radio il mio nome ha pensato a un caso di omonimia. Mio fratello quando ha saputo della disgrazia, ha avuto un forte senso di colpa perché mi aveva prestato la tessera e quel giorno allo stadio al mio posto doveva esserci lui. Mia moglie, che era accanto a me nell'ambulanza, per tutto il tempo mi ha pregato di non morire e mi ha tenuto stretta la mano. Dopo aver sbrigato tutte le formalità in questura e aver ritirato i documenti e i miei oggetti personali, ha avuto una crisi e ha cominciato a urlare. Sulle foto apparse sui giornali i giorni seguenti è ritratta insieme a sua madre che cerca di consolarla e le tiene un braccio sulla spalla. Ha la faccia stanca e scavata, e nei suoi occhi c'è qualcosa di terribile. Il mio nome e quello de i miei familiari sono comparsi sui quotidiani per tutta la settimana dopo l’omicidio e anche quella successiva, ma sempre con minore risalto. Io sono stato definito unanimemente un uomo normale e tranquillo, con un'unica passione, quella per la Lazio. Alcuni quotidiani hanno sottolineato più volte che avevo un'officina meccanica in società con mio fratello e vivevo in una moderna borgata romana chiamata Mazzalupo.
Qualcuno ha scritto che avevo comprato il televisore a colori con le cambiali, e il mio unico lusso era un Bmw di seconda mano che tenevo in garage e lucidavo come uno specchio. Dopo la mia morte, il capitano della Lazio Pino Wilson ha telefonato a mia moglie per porgerle le condoglianze. Anche il sindaco di Roma Petroselli ha telefonato, e si è offerto di pagare le spese del mio funerale e ha messo a disposizione della mia famiglia un assistente sociale. Il giocatore Lionello Manfredonia è andato a far visita ai miei familiari regalando a mio figlio più piccolo la sua maglietta con il numero cinque. Al mio funerale c'era tutta la squadra della Lazio, insieme all'allenatore Bob Lovati e al presidente Lenzini. I giocatori della Roma invece non hanno partecipato perché impegnati con la trasferta di Coppa Italia a Potenza, al loro posto la società ha inviato i ragazzi della Primavera. Alla cerimonia funebre hanno assistito migliaia di persone e per quel giorno è stato proclamato il lutto cittadino. La Fondazione Luciano Re Cecconi ha devoluto un milione in beneficenza alla mia famiglia. La giunta regionale del Lazio ha stanziato la somma di cinque milioni come segno di solidarietà. La Società Sportiva Roma ha fatto affiggere una targa in Curva Nord per ricordare la mia persona. Mio fratello Angelo ha proposto alle due società romane una partita Lazio-Roma mista cioè con i giocatori laziali e romanisti mescolati nelle due formazioni, ma alla fine non se n'è fatto niente. Per alcuni giorni sono stato oggetto di un acceso dibattito sulla violenza negli stadi. Il sindaco di Roma ha affermato che bisognava meditare su questa tragedia e discuterne in tutti i club sportivi e nelle scuole. Qualcuno ha proposto che fossero installati negli stadi degli impianti di televisione a circuito chiuso per individuare i tifosi violenti. Il capo degli arbitri, Giulio Campanati, ha chiesto l'abolizione della moviola in Tv. Per alcuni mesi sono state prese drastiche misure repressive: è stato proibito l'ingresso allo stadio di aste di bandiera, tamburi e persino di striscioni dai nomi bellicosi, e anche di spillette e toppe che potessero risultare offensive. Il pubblico doveva incitare la propria squadra solo con la voce e con le mani. Il mio nome è stato, a secondo dei casi, inneggiato e sbeffeggiato dai tifosi della Lazio e della Roma Sui muri della città ancora oggi campeggiano scritte che dicono «Paparelli, sarai vendicato», o «Paparelli non ti dimenticheremo», o anche «10, 100, 1000 Paparelli» o ancora, «Paparelli ti sei perso i tempi belli». In questi ultimi anni i giornali hanno parlato di me, soltanto all'indomani di un nuovo delitto avvenuto allo stadio. Nel 5° anniversario della mia scomparsa, i tifosi mi hanno ricordato prima di una partita con la Cremonese. Sul tartan, all'altezza della Tribuna Tevere hanno spiegato uno striscione con scritto «Vincenzo vive», mentre la curva intonava «28 ottobre Lutto Nazionale». Nel 10° anniversario è stato inaugurato il «Lazio Club Nuovo Monte Spaccato, Vincenzo Paparelli». L'anniversario della mia morte è stato commemorato dai tifosi laziali della Curva Nord per oltre quindici anni, poi da qualche tempo è calato il silenzio. Il torneo di calcio Vincenzo Paparelli è arrivato soltanto alla terza edizione, poi si è fermato per mancanza di finanziamenti. I lavori per le ristrutturazioni dello stadio Olimpico di «Italia '90» hanno cancellato per sempre le curve di un tempo, e con loro la targa di marmo che mi ricordava. Sul motore di ricerca Yahoo digitando il mio nome e cognome racchiudendolo tra virgolette, il risultato dice sempre «Ignored».
Nell'archivio del quotidiano il Messaggero, risulta che l'ultima volta che sono stato nominato è il 5 febbraio del 1995, in occasione di un breve articolo sul mio assassino. Il mio assassino si chiamava Giovanni Fiorillo, aveva diciotto anni ed era un pittore edile disoccupato. Subito dopo l'omicidio ha fatto sparire le sue tracce e si è dato alla latitanza. Qualcuno diceva di averlo avvistato a Pescara, qualcun altro a Brescia, qualcun altro ancora a Frosinone, che chiedeva informazioni per comprare le sigarette. Dopo quattordici mesi di clandestinità, si è costituito. Nel 1987 è stato condannato in Cassazione per omicidio preterintenzionale: sei anni e dieci mesi a lui che aveva lanciato il razzo, quattro anni e sei mesi agli altri due complici che lo avevano aiutato a introdurre nello stadio l'ordigno e a utilizzarlo. Durante quel girovagare per l'Italia e per la Svizzera ha telefonato quasi tutti i giorni a mio fratello Angelo, chiedendo scusa e giurando che non voleva uccidere quel giorno allo stadio. Era un ragazzo come tanti, abitava a Piazza Vittorio, era patito della Roma. Sua madre lavorava al mercato, suo padre aggiustatore meccanico. Era gente del popolo, come me. L'articolo sul giornale diceva che Giovanni Fiorillo è morto il 24 marzo del 1993: forse per overdose, forse consumato da un brutto male. Mio fratello Angelo l'ha perdonato, così come l'hanno perdonato mia moglie e anche i miei figli. Una cosa è certa, quel ragazzo è stato sfortunato, così come lo sono stato io.

Mi chiamavo Vincenzo Paparelli.

Sono morto il 28 ottobre del 1979.

Forse qualcuno si ricorda ancora di me.

A firma di Massimiliano Governi (Gazzetta dello Sport).

mercoledì 22 ottobre 2014

Lasagna mirtillo alle sardine marinate



E dire che mi sembrava una buona idea ed invece si è rivelata un atroce abbaglio. Ma andiamo con ordine. 

Nuovo mese, nuova sfidaall’eMMeTiChallenge, la n. 42, che ci regala la divina lasagna proposta da Sabrina del blog les madeleines di proust, vincitrice del mese di settembre. Fin qui tutto bene, tutto nella norma. I problemi cominciano quando la mia fantasia inizia a galoppare (non vi dico il vero aggettivo con cui mi definirei) pensando alla versione della mia lasagna. Pensa che ti ripensa, decido di puntare sul pesce e di proporre delle porzioni singole (MENO MALE che non ne ho fatto una teglia intera). Pesce prescelto delle freschissime sardine (quindi non è colpa loro), da marinare in succo di lime. Poi penso ai mirtilli e così immagino le lasagne impastate con il loro succo. Detto fatto. Perciò senza dilungarmi troppo ho fatto delle lasagne al succo di mirtillo con sardine marinate al lime e foglie di tè nero, con una semplice vellutata preparata con del fumetto di pesce. Dire che il risultato finale fosse immangiabile è quasi un complimento. Perciò tenetevi alla larga da questa ricetta e non pensate minimamente di provare a rifarla. 

Mi scuso con tutti in special modo con Sabrina.

Qualcuno si starà chiedendo per quale cavolo di motivo ho deciso di postare una ricetta così schifosa. La verità è che avrei potuto farne un’altra, magari più classica e lasciare questa nell’oblio più assoluto, ma poi mi son detto, che siamo prossimi ad Halloween e magari da questa ricetta si può trarre spunto, pertanto se volete farvi del male e preparare una nefandezza per il 31 ottobre, questa lasagna vi assicuro che lascerà un segno indelebile in voi e in tutti coloro che proveranno ad assaggiarla. Non abbiate paura, ma terrore AAHAHAHAHAHAHAAHAH!!!!!!


Ingredienti

per la sfoglia

250 g di farina 0

1 uovo 

5 cucchiai di polpa di mirtillo ottenuti da 100 g di mirtilli

per il ripieno delle lasagne

300 g di sardine

il succo di 2 lime

2 cucchiaini di tè nero

per la vellutata

50 g di farina

4 cucchiai di olio 

500 ml di fumetto di pesce

Dopo aver lavato, aperto a libro ed eliminato la testa e la lisca centrale delle sardine, mettetele a marinare nel succo di lime e le foglie di tè nero per almeno 12 ore. Quindi è un’attività da fare il giorno prima. 

Il giorno dopo disponete a fontana la farina, fate un buco al centro e mettetevi l’uovo e il succo di mirtillo e mescolate fino ad ottenere un impasto elastico. Lasciatelo riposare per una mezz’oretta e poi tirate la sfoglia. 

A questo punto tagliate la pasta formando dei rettangoli.

Preparate il roux incorporando la farina e l’olio, mescolate su fiamma bassa, poi spegnete il fuoco e aggiungete il fumetto di pesce e mescolate in continuazione, poi accendete il fuoco, continuate a mescolare fino a far solidificare la vellutata e poi cuocete per qualche altro minuto.

Cuocete le lasagne come indicato da Sabrina: “Mettere a bollire abbondante acqua salata. Preparare una ciotola di acqua ghiacciata e uno scolapasta.”

A questo punto prendete delle terrine monoporzione di coccio, disponete un leggero strato di vellutata, un rettangolo di lasagna, due sardine, dell’altra vellutata e procedete così per 4 strati. 


L’ultimo strato di lasagna copritelo totalmente con la vellutata.

Infornate in forno caldo a 180° per circa 20 minuti.


Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 42 con la lasagna al forno di Sabrina del blog Les Madeleines di Proust

                                                            gli sfidanti